Il 13 marzo 2019 è uscito “Anatomia di una colluttazione”, l’album d’esordio di Saverio D’Andrea. Dalle sonorità tra il contemporaneo e gli anni ’60, cerca di analizzare gli effetti dell’incontro tra due persone e con se stessi.

Cosa accade quando incontriamo una persona? È difficile dirlo. Ogni volta entrano in gioco così tante emozioni, parole e circostanze che rispondere a questa domanda sembra un’impresa titanica. E in questo vortice di sensazioni confuse e confusionarie è facile perdersi, tanto da ritrovarsi, talvolta, con i pezzi di una relazione frantumata tra le mani e non sapere nemmeno come ciò sia potuto succedere. Ecco, Saverio D’Andrea cerca di dare ordine a questo caos con le dieci storie di “Anatomie di una colluttazione”, per Isola Tobia Label. L’album, dalle sonorità tra il pop contemporaneo e gli anni ’60, sancisce l’esordio del cantautore casertano.

Ad aprire il disco è Hai perso la testa per un pazzo, una canzone dalla linea melodica molto semplice ed essenziale, così come la voce, che rispetta in pieno queste caratteristiche: lineare, limpida, uniforme. Qui sono messi sotto i riflettori i primi incontri tra due persone e, con questo, il timore di sentirsi ancora una volta vulnerabili. Poi è la volta di Casalingo, l’immagine ironica di un marito e padre dedito ai servizi di casa, sostenuto da cori e archi sincopati. Con Superpoteri, invece, si entra in una dimensione completamente diversa. Tastiere sognanti disfano il gomitolo di suoni precedente creando un’atmosfera ampia, distesa. A queste si aggiungono una chitarra dolce, quasi soltanto sfiorata, e la voce, un intimo sussurro. Infine gli archi, la batteria e il basso danno corposità a questa delicata e innocente dichiarazione d’amore.

Dopo Nomi cose città, che riprende la semplicità delle prime tracce, si procede pian piano verso canzoni più interessanti a livello sonoro. Grammatica drammatica dà voce alla tragicità dell’incomprensione tra persone con un ritmo incalzante e un sound deciso, in cui la voce, più graffiante, si destreggia tra arpeggi di chitarra taglienti. Con Lacuoratore invece si ha la sensazione di essere in campagna: voce limpida, cinguettio degli uccelli, terzine gioiose di chitarra. E si balla sulle difficoltà dell’amore, sui “lavori” che il “cuore” deve compiere per questo. Poi queste stesse sei corde cominciano a vibrare al ritmo di flamenco e trascinano un Soldato Vagabondo in un viaggio di ritorno verso la sua amata – musicalmente, forse la traccia più interessante del disco.

Infine è la volta delle ultime tre storie. Sola Andata, dai toni al contempo spensierati e malinconici, parla di una relazione ormai al limite: è la richiesta spassionata all’altro di uscire dalla propria memoria, e così dalla propria vita. Richiesta che sfocia in Tua Culpa, in cui la voce si irruvidisce fino alla rabbia. E per concludere, ancora una volta, un cambio di scena repentino, anzi scombussolante. Le poesie sulla sedia riprende l’estrema dolcezza di “Superpoteri”: una carezza in punta di dita che scalda il cuore, e lascia l’ascoltatore così: con un dolce, timido sorriso sul volto.

“Anatomie di una colluttazione” di Saverio D’Andrea è un album piacevole da ascoltare, 35 minuti di musica che scorrono con una certa fluidità. All’inizio, personalmente, l’immagine che lascia intravedere di sé è quella di un lavoro non tanto dissimile dagli altri: sonorità già sentite prima, testi non particolarmente emozionanti, voce molto lineare. Continuando la riproduzione invece si fa la conoscenza di brani interessanti – “Superpoteri”, “Soldato Vagabondo”, per citarne alcuni – che fanno rivalutare l’intero viaggio musicale. Alla fine tutto sommato si resta soddisfatti, magari indossando ancora per un po’ quel sorriso innocente con cui si è concluso l’ascolto.

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