Per il primo album da solista Maurizio de Franchis, in arte Rio, non si risparmia affatto. Quaranta minuti di Musica, nel suo senso più ampio.

Le patate bollenti, si sa, capitano. E ‘sta volta me ne è capitata una bella tosta, che dura quaranta minuti ed è uscita appena qualche giorno fa, precisamente il 7 Giugno. A servirmela, un carismatico artista, Maurizio de Franchis, che di esperienza ne ha parecchia sul groppone e che non si è di certo risparmiato nel metterla tutta in mostra nell’arco degli undici brani componenti il suo LP.

Non indugiamo ulteriormente con i convenevoli e le presentazioni. Parliamo dell’album. State Of Mind è un album Rock. E’ un album Soul. E’ un album Pop Dance? Aspetta, un brano in Bossa nova? Una pennellata Funky? Ce l’ho: per chi si ritrova a descriverlo, State Of Mind è un incubo. Un incubo assolutamente divertente, però.

L’album di Rio racchiude tutto quanto citato sopra e, forse, anche di più. Ciò è un male? Non necessariamente, ma determinate precisazioni si fanno doverose.

In primis, partiamo dall’idea di base: Rio afferma che ad aver ispirato i suoi brani è stato l’amore, il più alto sentimento tra quelli che si possano provare. Nulla da ridire: effettivamente l’album parla solo ed esclusivamente di questo magico sentimento amoroso, e lo fa toccando più corde, da quella sensuale fino al romanticismo più marcato. Liricamente, però, non c’è davvero altro e per quanto siano piacevoli le romantiche formule adoperate nei testi (tutti cantati in inglese) c’è tuttavia da sottolineare che si scade prestissimo nel cliché e nel già sentito.

Certo, per quanto la componente lirica sia sottotono, non c’è comunque da disperare: a farla da padrona, in State Of Mind, è la musica in ogni sua forma. Anche qui, però, procediamo con calma e traiamo le dovute considerazioni: come indicato sopra, l’album si fa contenitore di un insieme di generi – più o meno distanti tra loro – e li smista nell’arco degli undici brani presenti. L’elemento fondamentale, che è al contempo peculiarità e problematica di questo LP, è che i generi sopracitati non sono fusi, amalgamati tra loro. Sono generi a sé stanti, per l’appunto smistati uno per uno nei singoli brani. Non c’è, per esempio, del Soul influenzato dal Pop. C’è del Soul da un lato, e c’è del Pop dall’altro.

Questo in che termini si traduce? In un lavoro divertente da scoprire, e che si lascia ascoltare anche con una sana curiosità, sia al primo che ai successivi ascolti. D’altro canto, ci si presenta però un’opera poco organica, di cui è veramente difficile seguire la linea guida, e che dimostra una chiara mancanza di una visione d’insieme fortemente invalidante proprio perché limita il risultato di un album suonato benone (e strizziamo bonariamente l’occhio anche alla batteria che va un po’ dove vuole, verso la metà di She Will Come, optando per delle variazioni forse non così necessarie…) e cantato bene, seppur tra mille alti e qualche basso.

La mia idea è che Rio e i musicisti al suo fianco abbiano preferito un lavoro in studio di registrazione molto più votato al sano divertimento, all’ improvvisazione, alla costruzione dell’album step by step. Insomma, Rio e i suoi hanno prediletto il far musica cogliendo ogni sfaccettatura delle proprie competenze e del proprio estro. E’ una scelta rispettabilissima, molto apprezzabile e che denota un amore per la musica fuori dal comune. Ciò detto, risulta ovvio che anche un lavoro di cuore non può certamente essere esente da imperfezioni, come quelle citate sopra, e che è sempre preferibile porre al di sotto dell’idea di partenza (in questo caso: il “voler parlare d’amore”) una ben più solida base su cui sviluppare il proprio progetto.

Concludendo, State Of Mind ci piace? Diciamo solo che dopo i primi tre ascolti (cui, vi posso assicurare, ne sono seguiti diversi altri…) e dopo che la magia della scoperta era ovviamente sfumata, a rimanermi comunque impresso è stato il divertimento che i singoli brani mi hanno trasmesso, tra un ritmo quasi sempre coinvolgente e vivace e dei motivi che sanno penetrare nelle teste degli ascoltatori, anche di quelli più esigenti.

State Of Mind va ascoltato nei momenti di relax, quando vuoi tutto e niente, quando vuoi ascoltare musica ma non sai quale delle mille playlist spulciare. Ecco, in quei momenti lì State Of Mind dà davvero il meglio di sé stesso.

 

Statemi bene, e al sicuro.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *