Youth è il secondo film in lingua inglese (originale) del regista Paolo Sorrentino. La pellicola vanta uno straordinario cast e una storia interessante.
Youth figura sicuramente tra i film da vedere in quarantena: è un gioiellino (bello esteticamente e forte nella sceneggiatura) di un regista napoletano ben conosciuto. Youth è il secondo film in lingua inglese e con cast americano/britannico di Paolo Sorrentino, dopo l’ormai iconico This must be the place (con Sean Penn). Presentato al Festival di Cannes nel 2015, Youth è stato candidato (premio Miglior canzone) all’Oscar, ai Golden Globe (per miglior attrice non protagonista, Jane Fonda, e miglior canzone originale) e ha vinto molti premi, tra cui tre European Film Awards e due David di Donatello.
Youth: sinossi del film
Fred Ballinger (Michael Caine) è un direttore d’orchestra molto rinomato, e oramai in pensione da anni. Ottantenne, Fred trascorre un tranquillo soggiorno in uno strano hotel dall’aspetto ospedaliero nelle Alpi, con il suo amico di vecchia data: il famoso regista Mick Boyle (Harvey Keitel). Fred controlla sempre la sua salute, le sue analisi sono perfette, ma Fred è trafitto dall’apatia. Al contrario, il suo amico Mick è pieno di energia, un’energia che forse vuole evitare di mettere alla luce dettagli poco piacevoli, e scrive un film testamento. Assieme a 5 sceneggiatori, tutti giovani e squattrinati, Mick compie il suo ultimo lavoro per il suo amato cinema.
Nell’hotel sono presenti personalità interessanti e tutte diverse tra di loro. Al solito tavolo, una coppia non interloquisce mai, sembra muta; nel campo da tennis o in piscina, un uomo (chiaro riferimento a Maradona) è obeso e respira a fatica; un monaco tibetano medita; un attore americano è in crisi interiore (Paul Dano). Fred è accompagnato da sua figlia Lena (Rachel Weisz), con la quale affronta dialoghi spigolosi sul rapporto che Fred ha avuto con sua moglie (la madre di Lena).
Youth: il recupero della giovinezza
Le personalità di Mick e Fred sono contrapposte, così come le loro filosofie di vita. Mick è attivo, una furia, un attempato vulcano che non vuole spegnersi. Peccato che la sua vecchia amica, Brenda Morel (una superba Jane Fonda) gli spezzerà il fragile cuore. Fred, invece, sembra scalfito dal … nulla. Nulla lo turba, nulla lo lascia stupito, nulla lo emoziona. “Le emozioni sono sopravvalutate”, dice lui. Eventi traumatici, accaduti proprio negli ultimi anni della sua vita, dovranno invece farlo ricredere. Non è mai troppo tardi, lascia trasparire Sorrentino, per lasciarsi attraversare da una brezza giovanile, per smussare i propri spigoli.
Un altro incontro fondamentale aiuterà Fred nel suo cammino verso il cambiamento: quello con Jimmy Tree (un bravissimo Paul Dano). Il ragazzo, attore californiano, stringe un rapporto di stima ed affetto con l’ex direttore d’orchestra. Frustrato dalla consapevolezza che il pubblico lo ricorderà solo per il suo ruolo in un block baster, e non per tutti gli altri ruoli seri ed impegnati che ha avuto, Jimmy comprenderà perfettamente ciò che prova Fred, riguardo alla fama attuale della sua arte.
Negli ultimi anni della sua carriera, Fred ha composto le “Canzoni semplici”, decisamente più conosciute rispetto alla sua produzione più impegnata. Ecco, Sorrentino tocca molti temi delicati in questo film, riguardanti il settore del cinema: la decadenza del vecchio e la difficile accettazione del nuovo (cinema vs televisione, nel dialogo crudele avvenuto tra Brenda e Mick); la frustrazione di un artista, il cui successo coincide con la commercializzazione di sé stesso e delle sue opere, il più delle volte.
Ma Youth è questo, ed altro. È un film, tutto sommato, equilibrato. È un’ode all’equilibrio. Mick, nonostante la sua apparente forza, sembra quasi preda di un auto convincimento, vuole far credere di essere sereno. Il palese riferimento a Maradona (icona per Sorrentino) uomo raffigurato come appesantito, che cerca il giovane sé stesso e di conseguenza la bella gloria antica (emblematica la scena in cui palleggia una pallina di tennis, e poi, stanchissimo, la lascia a terra). Fred, invece, chi lo sa, chi lo sa a cosa pensa davvero, cosa sente sul serio. Solo nelle scene finali si comprende che, in realtà, Fred alle emozioni ci crede eccome. E non ha più alcuna pretensione verso sé stesso, verso la propria arte, verso nulla. Fred si lascia andare alla bellezza e alla delicatezza della sua arte (proprio con le “Canzoni semplici”) e facendosi trasportare da essa con tranquillità.
E allora, cos’è la giovinezza? Cos’è la giovinezza, quando si è vecchi? È la consapevolezza del proprio vissuto, la saggezza acquisita, l’accettazione del proprio stato e il lasciarsi ammaliare dalla bellezza dell’arte.