In occasione della Giornata mondiale dell’acqua 2025, Terre di Campania ha chiamato a raccolta giornalisti, scrittori, sacerdoti, medici, vari professionisti e studenti del territorio, invitandoli ad una riflessione libera e creativa sul tema dell’acqua come bene prezioso da conoscere e custodire. Ciascuno ha fatto dono della sua piccola goccia nel segno della gratuità, sincerità ed originalità. Il risultato è un mare di emozioni, suggestioni e spunti di riflessione molteplici, un incontro che si spera arricchente ed edificante con l’irriducibilità preziosa di un bene unico da riscoprire e salvaguardare.

Proseguiamo con il contributo di Sabatino Fatigati, dottore in Fisica e studente Magistrale in Astrofisica

Le zone umide del Pianeta

Risorsa vitale per il Pianeta e mezzo per la sussistenza e lo sviluppo della specie umana, le zone umide sono oggi in grande pericolo e meritevoli più che mai di custodia e gestione responsabile.

 

Ciò che rende il nostro pianeta unico nel suo genere, all’interno del Sistema Solare, è la presenza di acqua liquida sulla sua superficie, assicurata da una fortunata combinazione di fattori, come la giusta distanza dal Sole e la presenza di un’atmosfera, che lo predispone allo sviluppo e alla conservazione della vita in tutte le sue forme, accanto ad altre caratteristiche, come il campo geomagnetico e la giusta composizione chimica atmosferica.

Tuttavia, sebbene l’acqua ricopra circa i due terzi della superficie terrestre (da cui l’appellativo “Pianeta blu”), il 97% di essa è salata, troppo ricca di sali minerali per essere utilizzata dalla stragrande maggioranza degli esseri viventi per il loro sostentamento; il restante 3%, pur essendo acqua dolce, è quasi completamente accumulato nei ghiacciai e nelle calotte polari, o contenuto all’interno delle falde acquifere sotterranee, accessibili solo in corrispondenza di pozzi o risorgive: al netto, solo lo 0,009% dell’acqua del Pianeta è acqua dolce superficiale, distribuita in modo non omogeneo all’interno di fiumi, laghi, torbiere, bacini forestali e altre zone umide del globo, derivante da precipitazioni piovose, scioglimento di ghiacciai e nevai e fuoriuscita dalle risorgive, e continuamente rigenerantesi grazie al ciclo dell’acqua.

L’acqua dolce è una risorsa essenziale per la vita di innumerevoli ecosistemi ricchissimi di biodiversità (oltre il 10% di tutte le specie viventi conosciute sono parte di essi), che forniscono un’elevata quantità di benefici a favore del Pianeta, stabilizzando le emissioni di gas serra, immagazzinando il carbonio presente nella biosfera, filtrando le sostanze inquinanti come depuratori naturali, regolando i fenomeni idrogeologici e mitigando gli impatti dei cambiamenti climatici, accanto a meccanismi di regolazione basati sulle correnti oceaniche e sulla riflessione della luce da parte di ghiacciai e nevai. Gli ecosistemi acquatici rappresentano, inoltre, un mezzo di sussistenza e di sviluppo sociale ed economico per la specie umana, fornendole non solo accesso al cibo e all’acqua dolce, utile anche per l’agricoltura e l’allevamento, ma anche risorse economiche sostenibili, come la pesca, il turismo naturalistico, la raccolta di legno e altri prodotti di origine vegetale.

Da tempo, la combinazione di svariati fattori di origine antropica, come l’inquinamento, i mutamenti climatici antropogenici sovrapposti alla naturale variabilità climatica del Pianeta, la deforestazione, l’urbanizzazione e l’industrializzazione incontrollate, la costruzione di dighe che bloccano le rotte di migrazione dei pesci, l’agricoltura intensiva e l’uso di pesticidi, la caccia e la pesca praticate in maniera eccessiva e talvolta sconfinanti nel bracconaggio, la diffusione di specie animali e vegetali invasive, sottopone le zone umide della Terra ad uno stress molto elevato. Il Global Wetlands Outlook, pubblicato nel 2018 nell’ambito della Convenzione di Ramsar, ha riferito una perdita del 35% di zone umide naturali, a partire da un’estensione globale di 1,2 miliardi di ettari (superiore a quella del Canada) nel 1970. Diciotto mesi dopo, il primo Global Wetland Outlook ha evidenziato che, sebbene in molti Paesi il lockdown causato dalla pandemia di Sars-CoV2 abbia consentito il miglioramento dello stato di conservazione di alcune zone locali, a livello globale si è continuato a registrare la trasformazione o addirittura la perdita di tali ecosistemi, a danno delle specie viventi (minacciate più di quelle di ogni altro habitat terrestre), con ripercussioni anche sull’intero tessuto sociale ed economico. L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) ha presentato alla Cop28 di Dubai l’aggiornamento della Lista Rossa delle specie minacciate, rivelando che il 25% delle specie ittiche d’acqua dolce del mondo è a rischio di estinzione. In Italia, secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), gli habitat fluviali e lacustri e le condizioni chimico-fisiche naturali che sostengono gli ecosistemi d’acqua dolce si sono deteriorati: solo il 43% dei corpi idrici fluviali e appena il 20% dei laghi censiti raggiunge o supera l’obiettivo del buono stato ecologico.

La Convenzione Ramsar sulle Zone Umide di Importanza Internazionale, firmata a Ramsar, in Iran, il 2 febbraio del 1971 (giorno della celebrazione annuale della Giornata Mondiale delle Zone Umide), è ad oggi l’unico trattato internazionale sull’ambiente con l’obiettivo di sensibilizzare il mondo sulla grande importanza delle zone umide per le persone e per il Pianeta. I 172 Paesi stipulanti la convenzione (tra cui l’Italia) si impegnano a catalogare e dichiarare all’UNESCO le zone umide del loro territorio (attualmente si contano 2.400 siti, di cui 66 in Italia, per un totale di 250 milioni di ettari), ad elaborare programmi di utilizzo razionale di tali zone e ad istituire al loro interno aree protette, ad accrescere le popolazioni di uccelli acquatici, ad incoraggiare ricerche, scambio dati e pubblicazioni inerenti fauna e flora acquatiche, a formare personale qualificato in ricerca, gestione, monitoraggio e sorveglianza dei siti dichiarati e ad organizzare Conferenze delle Parti, accanto ad una serie di ulteriori impegni nazionali volti alla tutela degli ecosistemi acquatici e marino-costieri, in collaborazione con vari enti ed associazioni.

 S’inseriscono in questo disegno di salvaguardia e ripristino delle zone umide gli obiettivi della Strategia dell’UE sulla Biodiversità per il 2030, finalizzati alla ripresa degli ecosistemi naturali, all’interruzione della perdita di biodiversità, nonché al perseguimento dell’obiettivo della Direttiva Quadro sulle Acque, ovverosia l’istituzione di un quadro per la protezione, la gestione ed il ripristino delle acque superficiali interne, di transizione, costiere e sotterranee. Altro punto di riferimento internazionale è rappresentato dalla Nature Restoration Law, approvata dall’UE lo scorso luglio, per il ripristino di almeno il 20% delle zone terrestri e marine dell’UE entro il 2030 e del 90% entro il 2050.

Di certo non mancano obiettivi ed obblighi giuridicamente vincolanti, così come esempi di buone pratiche di valorizzazione, tutela e gestione degli ecosistemi acquatici, anche nel nostro Paese, a riprova del fatto che la strada della sostenibilità sia tracciata ed effettivamente percorribile dalle istituzioni e dai cittadini. Chiaramente molto ancora può e deve essere fatto in materia di leggi, nonché di effettive misure volte alla salvaguardia delle zone umide del globo, garantendo un futuro al Pianeta e all’umanità in esso.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *